"A Marze a Marze"
Numerose leggende, miti e tradizioni accompagnano l’arrivo della stagione primaverile. Tra le tante usanze, “A Marze, A Marze” di San Pietro è forse una delle più singolari. Il nome di questa tradizione fa probabilmente riferimento all’equinozio di marzo, che solitamente avviene intorno al 19 e al 22 del mese, quando il giorno e la notte sono in perfetto equilibrio e segnano la fine dell’inverno e l’inizio della primavera.
Agli inizi di Marzo, infatti, gli abitanti di San Pietro si radunavano per annunciare la fine dell’inverno ai paesi circostanti attraverso canti e danze. Questa usanza era resa possibile dalla posizione geografica centrale e sovrastante di San Pietro rispetto alle altre frazioni, che favoriva una chiara comunicazione verso tutta la valle isolana, in un periodo in cui i rumori della modernità erano assenti.
Durante questa occasione, gli abitanti di San Pietro si riunivano presso la “vreccia”, ossia la mulattiera che si affaccia sui paesi di Fano e Cerchiara, la “sgrima”, l’inizio del paese proprio sopra Ceriseto e Pretara e la “sulagne”, i campi vicino la chiesa dai quali si vede Isola. Da queste posizioni, dalla quali era possibile rivolgersi a tutta la vallata, dopo una decina di colpi di fucile, che segnavano l’inizio della festa, si intonavano canti e stornelli guidati dal suono di uno strumento musicale particolare: il “corno”. Questo strumento, di legno, era lungo circa un metro oppure poteva essere sostituito da una versione più piccola ricavata da corna di vacca. Nel tempo, altri strumenti si aggiunsero per accompagnare i canti, come i “campanacci” e i “tamurri”.
Gli stornelli spesso si basavano sull’invettiva nei confronti degli altri paesi e potevano raggiungere toni molto spiritosi mano a mano che le persone si univano e i bicchieri si riempivano. Questa tradizione ha fatto molto parlare di sé ed è stata addirittura causa di una controversia tra i Sampietrini (abitanti di San Pietro) e Ceresitani (abitanti di Ceriseto). Infatti, sebbene siano molti gli episodi che gli anziani del paese raccontano su questa usanza, uno cattura la curiosità più di tutti per la sua natura tragicomica.
Una volta, più di 150 anni fa, i Sampietrini nell’annunciare la fine dell’inverno, si spinsero un po’ oltre, e tra un canto e una danza, si burlarono degli abitanti di Ceriseto, urlando “A Marze A Marze: i Circiarul va in carazz”, epiteto dalle molteplici interpretazioni. Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. I Ceresitani non rimasero a guardare e come in una famosa canzone di De Andrè si appellarono all’ordine costituito, esponendo denuncia. La causa mise a rischio l’esistenza stessa di questa bizzarra usanza, ma alla fine il giudice sentenziò che la festa poteva continuare a patto che non risultasse più offensiva.
Sebbene con meno entusiasmo e minor partecipazione, la tradizione non si è mai completamente interrotta. Purtroppo il moderno inquinamento acustico ha influenzato negativamente la partecipazione all’usanza poiché è sempre più difficile sentire suoni come il richiamo del corno in tarda serata.