Colle Corneto - Colle dei Cavatori
Colle Corneto - Colle dei Cavatori
Livello di difficoltà
- T Turistico
- E Escursionistico
- EE per Escursionisti Esperti
- EEA per Escursionisti Esperti, con Attrezzature
Adatto a piedi
- Altitudine minima
- 893 m
- Distanza totale
- 1.83 km
- Altitudine massima
- 1000 m
- Tempo totale
- 0h 18m 37s
- Dislivello totale
- 435 m
- Punti di interesse
- 0
- Perdita di quota totale
- 355 m
- Punti del percorso
- 227
- Velocità massima
- 3.8 m/s
- Indicazioni stradali
- 0
- Velocità media
- 1.64 m/s
Scheda Tecnica
Difficoltà | E (escursionistico) |
Impegno Fisico | * |
Bellezza | **** |
Segnaletica | RBR - RGR |
Quota di partenza | 940m s.l.m |
Quota di arrivo | 1054m |
Dislivello positivo | 114+ |
Dislivello negativo | - |
km | 4 |
Tempo di percorrenza | 2h5m Andata |
Rete telefonica | Sempre presente |
Fonti di acqua | No |
Punti di appoggio (rifugi o bivacchi) | No |
Adatto per famiglie | Si |
Periodo consigliato | Primavera-Autunno-Estate |
Descrizione
Da Colle Corneto (940 m), si imbocca il Sentiero Italia, si cammina immersi nella faggeta. Il sentiero qui proposto, è tra i più semplici del comprensorio del gran sasso nord-orientale, nel distretto della valle Siciliana.
Consiste in una mulattiera che corre a mezzacosta in salita costante ma leggera, per un dislivello scarso, per cui il percorso è accessibile a tutti. Fa parte del sentiero Italia. Il percorso era usato dai locali ceramisti in passato per rifornirsi della sabbia quarzifera necessaria per la produzione degli smalti usati per le ceramiche artistiche. Sabbia che poteva essere cavata proprio a Colle dei cavatori.
Qui infatti, a differenza del substrato roccioso calcareo oppure argilloso, che caratterizza tutta la zona di Castelli, è possibile rinvenire un colle di sabbia, con substrato simile a quello dei vicini Monti della Laga. Il punto di partenza è sottostante colle Corneto, lungo la strada tra Castelli e Rigopiano, dove si può parcheggiare presso un ampio spiazzo a quota 938m. Poco più sopra sorge il rifugio del CAI Castelli "Enrico Faiani", mentre sul lato opposto, dietro un fontanile chiuso, una breve traccia consente di arrivare sulla cima di colle Corneto, uno splendido balcone panoramico dove la vista spazia dalle colline teramane fino al mare Adriatico verso nord-est, alla catena orientale del Gran Sasso verso sud-ovest.
Di fronte a voi si erge la parete nord del monte Camicia 2564m., con in primo piano il sottogruppo del dente del lupo. Procedendo verso ovest invece, vi sono monte Prena 2561m. ed il Corno Grande del Gran sasso d'Italia 2912m. Chiudono la visuale a nord i Monti Gemelli, ed i lontani monti Sibillini, nelle Marche. Dal parcheggio si prosegue in salita lungo la strada asfaltata, fino ad un pannello di legno con staccionata, sulla sinistra, punto di partenza dell'escursione e di ingresso nel bosco. Il ritorno si svolge sullo stesso itinerario di andata.
La traccia entra subito in una fustaia di faggio, e dopo un fosso, si incontra una sbarra di ferro bianco-rossa. Lungo il percorso si incontrano radi segni bianco-rossi sbiaditi sugli alberi. Poco dopo la sbarra, ad un bivio, bisogna prendere a sinistra, mentre ad un successivo bivio, prendere la traccia sulla destra, che procede in salita fino al valico che immette sul piccolo pianoro di Colle dei cavatori, a quota 1054m.
Punti di Interesse
Durante l'escursione, si attraversa una fustaia di faggio con presenza nello strato intermedio del sottobosco, di alberi di Tasso ed Agrifoglio. L'habitat censito è quello delle faggete termofile degli Appennini, con Taxus ed Ilex. Entrambe queste ultime specie, hanno subito nei secoli una forte rarefazione, dovuta al ripetuto sovrasfruttamento del legname delle faggete, che ne ha alterato la struttura. Nei boschi cedui infatti, sono pressoché assenti. E dove sono rare, la loro rinnovazione è messa a rischio dalla pressione degli ungulati erbivori. Il tasso, durante l'inverno infatti, è spesso preso di mira poiché rappresenta l'unica fonte di cibo in faggeta. Durante il percorso infatti, si può vedere come tutti gli esemplari hanno i rami bassi mangiati ed il tronco parzialmente scortecciato.
Attualmente, la mulattiera originale è stata purtroppo rovinata dall'accesso dei mezzi pesanti per il taglio della legna da parte del comune di Castelli. Ciò nonostante, resta un percorso percorribile e tranquillo.
Castelli borgo
Un affascinante piccolo borgo di origine medievale, costruito su uno sperone roccioso tra i dirupi, i boschi e le crete di due torrenti. È il paese di Castelli che sorge ai piedi del Gran Sasso, circondato da un imponente anfiteatro di montagne, al quale fa da scena un paesaggio di dolci colline degradanti verso il mare. Un luogo talmente affascinante da entrare a far parte del club dei Borghi più belli d’Italia.
Le abitazioni tipiche del borgo sono sostenute da imponenti arcate in pietra, che arricchiscono il centro abitato del fascino tipico dei paesi montani.
L’abitato più antico di Castelli converge, con le sue vecchie stradine, verso la piazza centrale, su cui si affacciano il Comune e la parrocchiale di San Giovanni Battista con la sua monumentale scalinata in pietra bianca e le due imponenti colonne laterali. Edificata alla fine del Cinquecento, la chiesa conserva al suo interno la suggestiva cappella della Santa Croce.
L'arte ceramica di Castelli ha origini antichissime, ma è divenuta celebre nel Cinquecento.
Furono la buona fattura delle maioliche, le decorazioni vivaci, ma anche l'economicità dei prodotti, dovuta a innovativi sistemi produttivi, che fecero di Castelli uno dei centri più apprezzati per quest'arte, soprattutto nel Seicento ed il suo ruolo nella storia della maiolica italiana è di primissimo piano, specialmente nel periodo che va dal XVI al XVIII secolo.
Chiesa di San Donato
Nata anticamente come cona, ossia chiesetta di campagna, sorge a Castelli, appena fuori dal borgo, su una leggera altura. Nel 1963 questa chiesa fu definita dallo scrittore Carlo Levi la Cappella Sistina della Maiolica, per via del soffitto interamente costituito di tavelle decorate a maiolica, di dimensioni 20x40 cm, in circa 1000 (attualmente 800) esemplari, risalenti al 1615-1617 circa.
Il soffitto si deve agli abitanti di Castelli che lo realizzarono per devozione, come attesta una scritta latina dipinta su una sequenza di mattoni, che dice: “le genti della terra di castelli fecero questo soffitto ad onore di Dio ed allo stesso tempo a perpetua memoria della Beata Vergine Maria”.
I maiolicari castellani riuniti in una confraternita attuarono questo progetto per produrre un'opera che tramandasse ai posteri una testimonianza dell’alta qualificazione raggiunta dalla loro categoria. Realizzarono così una vera e propria volta maiolicata composta da oltre 800 mattoni recanti le date 1615, 1616, 1617. La struttura del grande soffitto è costituita da travi che dividono le capriate spioventi in comparti dove sono allineate file di cinque mattoni, trattenuti da travicelli. Il nuovo soffitto andò a sostituirne uno più piccolo e antico, risalente al cinquecento. Quest’ultimo soffitto, era ugualmente costituito da un pregevole mattonato maiolicato che, in tale circostanza, fu in gran parte riutilizzato per pavimentare un’area posta all’interno della nuova chiesa. Per lungo tempo i mattoni cinquecenteschi utilizzati per detta pavimentazione furono sottoposti al calpestio e vennero danneggiati. Tuttavia, nel secolo scorso furono prelevati dalla chiesa e trasferiti nel Museo delle Ceramiche di Castelli, dove sono attualmente custoditi ed esposti al pubblico.
Opera unica nel suo genere, è in parte esposta al Museo della ceramica di Castelli che conserva le tavelle rotte o deteriorate. La realizzazione viene attribuita ai ceramisti della famiglia Pompei, in particolare ad Orazio Pompei, anche se l'opera di decorazione della chiesa fu un lavoro che coinvolse tutti i decoratori del paese. Il risanamento e il restauro fu realizzato a cura delle Antiche Fornaci Giorgi, attorno al 1972.
I temi raffigurati sulle mattonelle sono vari: simboli araldici, animali apotropaici, scritte religiose e modi di dire, decorazioni floreali, disegni geometrici semplici.
Museo delle Ceramiche di Castelli
Il museo raccoglie numerose opere donate principalmente dai cittadini di Castelli, che appartengono ad artisti provenienti da celebri famiglie (come i Grue, i Gentili, i Cappelletti ed i Fuina) e che coprono un periodo che va dall'alto medioevo ai giorni nostri.
Il museo, che dal 1984 aveva sede nel Chiostro dell'ex Convento dei Francescani (attualmente inagibile a causa del terremoto dell'Aquila del 2009), è ospitato nella sede del Palazzo Municipale dell'Artigianato, che era organizzato su due piani. Il piano terra ospita la sezione archeologica con anfore ed opere in terracotta dal IV al I secolo a.C.
Al piano superiore è organizzato un percorso che illustra la storia dell'arte ceramica a Castelli, dal medioevo, al rinascimento, al barocco, fino alla metà dell'Ottocento con i motivi della porcellana tipici dell'epoca.
La spada nella roccia a Castelli
Non tutti sanno che nel bosco poco sopra Castelli (Te), sulla strada verso Rigopiano (SP 37), si trova questa "Spada nella roccia". Si tratta davvero di un’autentica spada metallica incastonata in un blocco di roccia, ma non è frutto di antichi misteri. E' il memoriale dedicato ad un pilota caduto col suo aereo nei pressi, dopo essersi schiantato durante un addestramento con il suo aereo contro la parete nord del Monte Camicia il 6 aprile del 1994. Ancora oggi, passeggiando nel bosco, è possibile rinvenire piccole parti dell’aereo e sul monumento che ricorda il giovane militare caduto si trovano sempre dei fiori freschi, lasciati da ignoti viandanti a perpetua memoria della tragedia. La spada nella roccia si trova all’ingresso del bosco, ben visibile della strada, nel curvone della Provinciale 37 dove inizia il sentiero per il "Fondo della Salsa".
La faggeta
La grande fascia di bosco che corre lungo le pendici del Gran Sasso è costituita essenzialmente da faggete, per la maggior parte governate ad alto fusto. Nelle aree meno accessibili si sono conservati boschi maturi con alberi dalle grandi dimensioni. Alcuni mostrano il tipico portamento a "candelabro", conseguenza delle capitozzature effettuate in passato per ottenere frasche per il bestiame, come quelli che si rinvengono lungo il sentiero che porta alla chiesa alpestre di San Nicola.
Le faggete di quest'area presentano alcuni aspetti interessanti connessi alla presenza dell'asaro (Asarum europaeum), specie non comune in Appennino. Generalmente, questi boschi si caratterizzano come ambienti forestali piuttosto poveri di specie del sottobosco, poiché la luce riesce difficilmente a penetrare la fitta chioma degli alberi.
Colle dei cavatori e rifugio Enrico Faiani
Ai piedi della parete del Monte Camicia, al limitare di un bosco rigoglioso, tra il sibilo del vento che scuote le chiome dei faggi, in un continuo ed armonioso ondeggiare della natura tutta, accompagnati nella passeggiata da volpi e scoiattoli che si rincorrono, giocando all’ombra degli lunghi fusti che si stagliano alti verso il cielo, il rifugio Enrico Faiani accoglie ed offre ristoro ai visitatori che percorrono questi ameni sentieri. La recente costruzione interamente ecosostenibile, voluta e gestita dalla sezione locale del Cai, sorge custode di una natura incontaminata, spontanea e a tratti selvaggia nella quale l’intero territorio di Castelli è immerso. Il rifugio, intitolato all’alpinista ed esperto conoscitore di queste montagne Enrico Faiani, racconta una storia d’amore per la montagna, una vita quasi simbiotica con essa, in quell’abbraccio metaforicamente rappresentato dalle pietre che ne costituiscono la struttura. Da qui si inerpica il sentiero, percorso per secoli dagli artigiani castellani, alla ricerca della silice fondamentale per la produzione delle bellissime maioliche. Il Colle dei Cavatori è da sempre meta di quanti ricercano la magia del passato e, con una sorta di devozione verso le antiche pratiche artigianali, si incamminano in un percorso quasi spirituale, capace di ricreare l’armonia con la natura e di risvegliare il senso profondo del contatto diretto con essa.
Per chi vuole arrampicare, esplorare le alte quote o affrontare una gita in montagna, consigliamo di farlo in compagnia di una guida locale. Gli accompagnatori di media montagna e le guide alpine sono l'unica figura professionale abilitata all'accompagnamento su terreno di media e d'alta montagna ed all'insegnamento dell'alpinismo ( su ghiaccio e roccia) e dello sci alpinismo.
Le esperte guide e accompagnatori del nostro Gran Sasso, che conoscono il territorio da quando erano ragazzini, vi mostreranno i posti più belli e segreti e sapranno trasmettervi la passione ed il rispetto per la montagna.
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La Compagnia delle Guide Gran Sasso d'Italia:
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Cai Isola del Gran Sasso:
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Cai Castelli:
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