Castelli - Fondo della Salsa
Castelli - Fondo della Salsa
Livello di difficoltà
- T Turistico
- E Escursionistico
- EE per Escursionisti Esperti
- EEA per Escursionisti Esperti, con Attrezzature
Adatto a piedi
- Altitudine minima
- 458 m
- Distanza totale
- 10.06 km
- Altitudine massima
- 1040 m
- Tempo totale
- 1h 53m 21s
- Dislivello totale
- 828 m
- Punti di interesse
- 0
- Perdita di quota totale
- 839 m
- Punti del percorso
- 1314
- Velocità massima
- 4.9 m/s
- Indicazioni stradali
- 0
- Velocità media
- 1.48 m/s
Scheda Tecnica
Difficoltà | E (escursionistico) |
Impegno Fisico | ** |
Bellezza | **** |
Segnaletica | RBR - RGR |
Quota di partenza | 500m s.l.m |
Quota di arrivo | 1150m |
Dislivello positivo | 650+ |
Dislivello negativo | - |
km | 9 km |
Tempo di percorrenza | 4h5m |
Rete telefonica | Sempre presente |
Fonti di acqua | No |
Punti di appoggio (rifugi o bivacchi) | No |
Adatto per famiglie | Si |
Periodo consigliato | Primavera-Estate |
Descrizione
Questa escursione ha un percorso che passa sopra Castelli, quindi andremo a coinvolgere anche il bellissimo Monte Camicia con la sua spettacolare Parete Nord. Un’escursione aperta a tutti, a famiglie con bambini ed anche per gente meno allenata o predisposta per le escursioni a quote inferiori.
Si parte da Castelli (497 metri) e ci si trasferisce in auto a circa 3,5 km. verso la montagna. Appena superata una località chiamata San Salvatore (770 metri) si arriva ad una curva dove in maniera vistosa, sulla destra, parte una carrareccia molto visibile dove sono collocati anche dei cartelli in legno del CAI, dove sono riportati i vari sentieri da seguire con tanto di numeri di attribuzione.
Mentre a sinistra, all’inizio del bosco è punto di riferimento una grande pietra con piantata in mezzo una bella spada, proprio come nella bellissima e famosa leggenda de “La Spada nella Roccia”. Lasciata la macchina, si intraprende la strada/carrareccia del Sentiero CAI 245, già Sentiero dei 4 Vadi, che sale comodamente nel bosco fino al superamento di una panoramica selletta, attraverso la quale si raggiunge il breccioso Fosso Morto (880 metri).
Piegando a sinistra, su per una irta costa verso l’alto, si raggiunge la cresta del Colle delle Nozze (1.000 metri), si supera una zona conosciuta ai praticanti del posto come Fonte dei Signori (1050 metri) e si entra nello stupefacente anfiteatro del Fondo della Salsa. Proseguendo, si raggiunge un cippo in ceramica intitolato a Piergiorgio De Paulis e ad un pilota precipitato col suo aereo nella zona. Annualmente, riportata nel programma CAI di Castelli, si svolge una Commemorazione per le vittime della montagna, in particolar modo nel Fondo della Salsa. Sia dell’alpinista chiamato alla montagna nel 1974, durante la prima salita invernale della Parete Nord, che dello sfortunato aviatore. Proseguendo si entra nel Fosso Leomogna (1.080 metri) e si lascia il sentiero dei 4 Vadi ritrovandosi a poca distanza dal grande sperone di roccia ed erba che si appoggia alla base del Monte Camicia, chiamato Fondo della Salsa (1122 metri), un toponimo che forse deriva dalla frase “Fondo del Balzo” riferendosi appunto all’enorme salto di 1.200 metri della stupenda Parete Nord del Monte Camicia.
Il ritorno si consiglia di effettuarlo in maniera ritrosa, oppure di prendere delle varianti ben segnalate che riportano, nello stesso tempo, al posteggio sulla strada dove si lasciano le macchine.
Punti di Interesse
Castelli borgo
Un affascinante piccolo borgo di origine medievale, costruito su uno sperone roccioso tra i dirupi, i boschi e le crete di due torrenti. È il paese di Castelli che sorge ai piedi del Gran Sasso, circondato da un imponente anfiteatro di montagne, al quale fa da scena un paesaggio di dolci colline degradanti verso il mare. Un luogo talmente affascinante da entrare a far parte del club dei Borghi più belli d’Italia.
Le abitazioni tipiche del borgo sono sostenute da imponenti arcate in pietra, che arricchiscono il centro abitato del fascino tipico dei paesi montani. L’abitato più antico di Castelli converge, con le sue vecchie stradine, verso la piazza centrale, su cui si affacciano il Comune e la parrocchiale di San Giovanni Battista con la sua monumentale scalinata in pietra bianca e le due imponenti colonne laterali. Edificata alla fine del Cinquecento, la chiesa conserva al suo interno la suggestiva cappella della Santa Croce.
L'arte ceramica di Castelli ha origini antichissime, ma è divenuta celebre nel Cinquecento. Furono la buona fattura delle maioliche, le decorazioni vivaci, ma anche l'economicità dei prodotti, dovuta a innovativi sistemi produttivi, che fecero di Castelli uno dei centri più apprezzati per quest'arte, soprattutto nel Seicento ed il suo ruolo nella storia della maiolica italiana è di primissimo piano, specialmente nel periodo che va dal XVI al XVIII secolo.
Chiesa di San Donato
Nata anticamente come cona, ossia chiesetta di campagna, sorge a Castelli, appena fuori dal borgo, su una leggera altura. Nel 1963 questa chiesa fu definita dallo scrittore Carlo Levi la Cappella Sistina della Maiolica, per via del soffitto interamente costituito di tavelle decorate a maiolica, di dimensioni 20x40 cm, in circa 1000 (attualmente 800) esemplari, risalenti al 1615-1617 circa. Il soffitto si deve agli abitanti di Castelli che lo realizzarono per devozione, come attesta una scritta latina dipinta su una sequenza di mattoni, che dice: “le genti della terra di castelli fecero questo soffitto ad onore di Dio ed allo stesso tempo a perpetua memoria della Beata Vergine Maria”.
I maiolicari castellani riuniti in una confraternita attuarono questo progetto per produrre un'opera che tramandasse ai posteri una testimonianza dell’alta qualificazione raggiunta dalla loro categoria. Realizzarono così una vera e propria volta maiolicata composta da oltre 800 mattoni recanti le date 1615, 1616, 1617. La struttura del grande soffitto è costituita da travi che dividono le capriate spioventi in comparti dove sono allineate file di cinque mattoni, trattenuti da travicelli. Il nuovo soffitto andò a sostituirne uno più piccolo e antico, risalente al cinquecento. Quest’ultimo soffitto, era ugualmente costituito da un pregevole mattonato maiolicato che, in tale circostanza, fu in gran parte riutilizzato per pavimentare un’area posta all’interno della nuova chiesa. Per lungo tempo i mattoni cinquecenteschi utilizzati per detta pavimentazione furono sottoposti al calpestio e vennero danneggiati.
Tuttavia, nel secolo scorso furono prelevati dalla chiesa e trasferiti nel Museo delle Ceramiche di Castelli, dove sono attualmente custoditi ed esposti al pubblico. Opera unica nel suo genere, è in parte esposta al Museo della ceramica di Castelli che conserva le tavelle rotte o deteriorate. La realizzazione viene attribuita ai ceramisti della famiglia Pompei, in particolare ad Orazio Pompei, anche se l'opera di decorazione della chiesa fu un lavoro che coinvolse tutti i decoratori del paese. Il risanamento e il restauro fu realizzato a cura delle Antiche Fornaci Giorgi, attorno al 1972. I temi raffigurati sulle mattonelle sono vari: simboli araldici, animali apotropaici, scritte religiose e modi di dire, decorazioni floreali, disegni geometrici semplici.
Museo delle Ceramiche di Castelli
Il museo raccoglie numerose opere donate principalmente dai cittadini di Castelli, che appartengono ad artisti provenienti da celebri famiglie (come i Grue, i Gentili, i Cappelletti ed i Fuina) e che coprono un periodo che va dall'alto medioevo ai giorni nostri. Il museo, che dal 1984 aveva sede nel Chiostro dell'ex Convento dei Francescani (attualmente inagibile a causa del terremoto dell'Aquila del 2009), è ospitato nella sede del Palazzo Municipale dell'Artigianato, che era organizzato su due piani. Il piano terra ospita la sezione archeologica con anfore ed opere in terracotta dal IV al I secolo a.C.
Al piano superiore è organizzato un percorso che illustra la storia dell'arte ceramica a Castelli, dal medioevo, al rinascimento, al barocco, fino alla metà dell'Ottocento con i motivi della porcellana tipici dell'epoca. L'edificio museale è ospitato nell'antico convento dei Frati Minori Osservanti del XVI secolo, il convento ha ospitato sino al 1866 i frati, successivamente dopo la soppressione divenne deposito, nel 1905 ha ospitato la prima sede dell'Istituto statale d'Arte "Francesco Antonio Grue", per divenire infine museo. Diviso in due piani, al pianterreno si può osservare il chiostro rinascimentale circondato da un ciclo d'affreschi del 1712, di ispirazione barocca, a 21 lunettoni con episodi della vita di Maria madre di Gesù, ogni lunetta è intercalata da medaglioni raffiguranti volti di santi e beate che hanno dedicato la loro vita all'opera religiosa.
Il percorso si svolge nelle sale dove è stata ricostruita una ideale bottega del XVI-XVII secolo, per far comprendere il lavoro manuale che si svolgeva nel realizzare ogni singola opera da parte dei Grue e dei Gentili, è possibile vedere vecchie vasche della decantazione dell'argilla, la frantumazione e la realizzazione dell'argilla malleabile, poi ancora le varie tecniche di foggiatura, smaltatura e decorazione dell'oggetto, e infine la riproduzione dell'antico forno per la cottura del manufatto, detto "forno a respiro". Al primo piano si ospita in ordine cronologico la collezione di opere dei maestri ceramisti dal 1400 al 1900, si documenta l'evoluzione delle manifatture castellane dal Medioevo attraverso il Cinquecento, e il compendiario e l'istoriato castellano, con le opere dei maggiori esponenti di questo lungo percorso artistico, che ha reso famoso il nome di Castelli. Sono esposti anche reperti archeologici di ceramiche italiche di commercio, di derivazione appula, corinzia, attica, dauna, etrusca e romana. Il nucleo originario delle collezioni appartiene alla "Raccolta civica" di Giancarlo Polidori degli anni trenta e quaranta, quando era direttore della scuola d'arte, via via arricchito da importanti depositi di enti pubblici (Regione Abruzzo e Museo nazionale d'Abruzzo) e di donazioni di collezioni private, tra cui la Fuschi e la Nardini, e dalle acquisizioni effettuate periodicamente. Nella prima sono esposti frammenti di scavi raccolti sul territorio castellano e una piccola testimonianza di piastrelle da pavimento e da rivestimento di epoche diverse.
Albarello del corredo Orsini-Colonna, Museo della Ceramica di Castelli. Nella seconda sala sono esposti due piatti medievali di ceramica ingobbiata graffita, recuperati nella grotta Sant'Angelo (Teramo), e un boccale frammentato appartenente alle produzioni della metà Cinquecento; essa è dominata da 200 mattoni provenienti dalla primitiva cappella di San Donato, appena fuori Castelli, e si possono ammirare solo nel Museo di Castelli, dato che i mattoni del soffitto della chiesetta sono solo delle copie, onde evitare ulteriori danneggiamenti del tempo o furti. I mattoni sono messi a confronto con i vasi farmaceutici commissionati dalle famiglie Orsini e Colonna, a testimonianza delle analogie stilistiche che hanno consentito negli anni ottanta di attribuire alle manifatture della bottega Pompei questa importante produzione cinquecentesca. Si tratta di un corredo farmaceutico la cui produzione era assegnata di volta in volta ai più noti centri italiani di produzione ceramica fino a quando non furono reperiti frammenti di scavo nella discarica della fornace Pompei, che misero termine alla disputa.
Nella sala è esposta la Madonna del Latte col Bambino di Orazio Pompei, che reca la datazione 1551, rubata negli anni settanta dalla sala consiliare del Municipio di Castelli, ritrovata sul mercato antiquario negli anni novanta, manomessa in moto irreversibile, ma restaurata per quanto possibile. Il periodo a cavallo tra Cinquecento e Seicento, in cui domina lo stile compendiario, c'è una pittura semplice di sintesi, come denuncia il nome, nei toni languidi del giallo, dell'arancio, del verde e del blu, della tavolozza castellana non ancora arricchita dal bruno di manganese. La quarta e la quinta sala contengono una significativa documentazione dell'istoriato castellano con una serie di opere di pittori appartenenti alle varie dinastie del paese: i Grue, i Gentili, i Cappelletti, i Fuina, che dal Seicento all'Ottocento mantennero alto il prestigio delle produzioni. Nel corridoio intorno al chiostro è esposta una selezione degli spolveri settecenteschi provenienti dalle fabbriche dei Gentili, sono disegni su carta bucherellati per trasportare il disegno su supporto ceramico, troppo tenero per sopportare il segno della matita, e un deposito. nicipale dell'Artigianato.
Spada nella Roccia
Non tutti sanno che nel bosco poco sopra Castelli, sulla strada verso Rigopiano, si trova questa Spada nella roccia. Si tratta davvero di un'autentica spada metallica incastonata in un blocco di roccia, ma non è frutto di antichi misteri. E’ il memoriale dedicato a un pilota caduto col suo aereo nei pressi. La trovate nel bosco, a sinistra salendo, nel curvone dove inizia il sentiero per il fondo della Salsa.
Fondo Della Salsa
La parete nord del monte Camicia è una bastionata rocciosa alta più di 1200 m e larga circa 2 chilometri. La base di questa parete è chiamata Fondo della Salsa. Qui si raccolgono le acque che precipitano dalla parete e che formano delle bellissime cascate. Infatti l'inizio estate, quando ancora i nevai sulla parete non si sono completamente sciolti, è il periodo migliore per questa escursione.
Fino a poco tempo fa esisteva anche un nevaio perenne alimentato dalle numerose ed enormi valanghe che precipitano dalla parete. Poteva raggiungere molte decine di metri anche in piena stagione ma oggi è ormai scomparso ed è raro in estate trovare ancora dei resti di neve. Il Fondo della Salsa è uno dei luoghi più suggestivi dell'Appennino Centrale. Questa enorme muraglia aspra e verticale ha rappresentato da sempre un grande problema alpinistico. I primi a salire furono i teramani Bruno Marsili e Antonio Panza nel lontano 1934. In molti non credettero alla loro impresa e quindi i due tornarono in parete, la salirono di nuovo e, per evitare dubbi, lasciarono una giacca rossa appesa ad un chiodo in modo che non ci fossero più dubbi sulla loro impresa. Per una salita invernale invece si dovette attendere il 1974, una cordata aquilana tentò l'ascensione nei giorni di natale ma l'impresa fu funestata dalla morte di Piergiorgio De Paulis. Il monumento lungo il sentiero ricorda proprio questo tragico episodio.
Vicino a questo un'altra lapide ricorda un altro sventura occorsa ad un tenente dell'aviazione (Marco Adinolfi) che nel 1994 si schiantò con il suo AMX proprio al centro della parete. Ancora oggi si possono trovare i resti dell'aereo sparsi tra le ghiaie. Ma non solo gli alpinisti hanno esplorato questa parete, anche i torrentisti si sono avventurati su questi rivoli e i nomi che hanno scelto alle cascate sono emblematici: Infinita, Dies Irae e Requiem. Sono forre che solcano il versante e che richiedono molta esperienza. Sempre gli stessi salti d'acqua hanno fatto contenti anche i cascatisti, negli inverni più freddi questi nastri di ghiaccio, alti anche più di 200 metri, sono uno dei terreni di gioco più impegnativi dell'intero Appennino. Il sentiero per raggiungere il Fondo della Salsa è segnalato e non presenta difficoltà particolari. Poco frequentato, richiede un minimo di accortezza per via dei sassi che possono cadere dalla parete. E' bene non avvicinarsi troppo alla base della muraglia rocciosa e fermarsi al monumento dedicato a Piergiorgio De Paulis o arrivare poco oltre.
Per chi vuole arrampicare, esplorare le alte quote o affrontare una gita in montagna, consigliamo di farlo in compagnia di una guida locale. Gli accompagnatori di media montagna e le guide alpine sono l'unica figura professionale abilitata all'accompagnamento su terreno di media e d'alta montagna ed all'insegnamento dell'alpinismo ( su ghiaccio e roccia) e dello sci alpinismo.
Le esperte guide e accompagnatori del nostro Gran Sasso, che conoscono il territorio da quando erano ragazzini, vi mostreranno i posti più belli e segreti e sapranno trasmettervi la passione ed il rispetto per la montagna.
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La Compagnia delle Guide Gran Sasso d'Italia:
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Cai Isola del Gran Sasso:
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Cai Castelli:
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Esperienza Natura: